Adolescenza d’epoca
ADOLESCENZA D’EPOCA, di Vittoria Cassani
Correva l’anno 2092, in un piccolo quartiere di periferia poco fuori città c’era Amelie,
una ragazza di quindici anni che si trovava a casa dei nonni in un classico pranzo di famiglia di domenica. Era la classica scena di famiglia meridionale, la tavola era colo-rata da tutte le pietanze che rilasciavano il proprio profumo, il caos delle risate e delle chiacchierate.
Tutto era al suo posto, i bambini a giocare, gli adulti in sala dispersi nei soliti discorsi riguardanti la politica e la nonna nella sua cucina a riempire ogni piatto d’amore.
Una volta finito il pranzo e dopo il solito caffè, si riposava oppure si guardava il pro-gramma televisivo trasmesso tutte le domeniche assieme.
Quel giorno Amelie aveva qualcosa che non andava e suo nonno come sempre se ne accorse e di certo non fece finta di niente. Andò da lei cercando di tirare fuori quel ma-lessere che tanto la tormentava. Il vero problema per Amelie era che come un adole-scente di qualsiasi epoca possedeva le sue guerre interiori.
Arrivarono a un punto del discorso in cui la nipote rivolse una richiesta particolare, di raccontarle come aveva vissuto la sua adolescenza.
E da lì iniziò il racconto…
“Nacqui nel 2006, passai la mia infanzia in totale pace e spensieratezza come un bambino normale. All’età di tredici anni, nel 2020, era un giorno di febbraio e improv-visamente annunciarono al telegiornale che era appena iniziata una pandemia globa-le; questo comportava una quarantena rinchiusi in casa.
Che te lo dico a fare, come puoi immaginare la gente andò in esaurimento, molti anda-rono in crisi e persero il lavoro. Era un vero delirio, per non parlare di noi ragazzi, l’unico mezzo di comunicazione era il cellulare, l’unico mezzo che in quel momento poteva legarci nonostante la distanza. È stato pesante per ogni individuo, ma nell’insieme siamo stati molto uniti, vedevi le persone fuori dai balconi con striscioni colorati e con frasi d’incoraggiamento, si cantava tutti assieme l’inno dell’Italia, per far-ci sentire, dimostrare che noi eravamo ancora lì.
Insomma fu pesante, ma ringrazio ogni momento che mi ha condotto a conoscere tua nonna, sai, anche amare a quei tempi risultava più complicato.
Con il passare del tempo e la diminuzione di restrizioni, le persone iniziarono a con-vincerci senza più quel terrore iniziale.
Passarono esattamente due anni e la Russia dichiarò guerra all’Ucraina, già..
Con la paura che potesse diventare guerra mondiale il terrore si espanse un’altra vol-ta. C’era solidarietà ovunque, mandavano cibo in Ucraina, si svolgevano manifesta-zioni, si sensibilizzava all’argomento nelle scuole, ma eravamo nella situazione di sempre.
Per molti era un senso di frustrazione, tutta la fatica a comprendere i cattivi gesti del passato e cercare di trasmettere il buon esempio alle nuove generazioni era fallito con l’inizio di un’altra guerra.
Sai Amelie, noi giovani di quell’epoca non abbiamo avuto tutta la libertà di vivere de-terminate esperienze. Molti ragazzi avevano gli occhi spenti, la testa rivolta sempre in giù.
Posso garantirti che quel periodo mi ha insegnato a non perdere più tempo, devi rea-lizzare quanto sia importante ogni singolo minuto e specialmente la maniera in cui lo investi.
Non vorrei mai spaventarti, ma ricordati che il tempo perso non te lo restituisce nessu-no e purtroppo non abbiamo una data definitiva di scadenza e non sappiamo quando ce ne andremo.
Ciò che ti dico prendila come motivazione per emergere, per lottare, per diventare chiunque tu voglia essere. In quei momenti l’unico motivo che mi faceva brillare gli occhi e mi faceva camminare a testa alta era la ragione per cui lottavo, tua nonna”
Il nonno si fermò dato che si era fatto tardi, Amelie incuriosita voleva che il nonno con-tinuasse la sua narrazione riguardante la guerra.
Egli guardò la nipote negli occhi e con un sorriso le fece una carezza promettendole che l’indomani avrebbe terminato la sua narrazione, senza sapere però che la notte stessa un angelo sarebbe volato in cielo.